L’Associazione dei Medici per l’Ambiente (ISDE) ha finalmente elaborato una posizione ufficiale sul trattamento della FORSU (frazione organica dei rifiuti solidi urbani) alla luce dei più recenti studi e delle attuali evidenze scientifiche.
Dall’analisi dei vari sistemi di gestione sono scaturite delle indicazioni utili per la gestione dei servizi rifiuti ma, soprattutto, per orientare scelte politiche (non solo sui rifiuti) basate su protezione della salute, sostenibilità ambientale e partecipazione dei cittadini.
Molte di queste indicazioni sono in linea con quanto già contenuto nelle direttive comunitarie, recepite anche dalla legislazione nazionale (seppure spesso inapplicate).
È caldamente consigliata la lettura integrale del documento dell’ISDE, molto chiaro ed insieme sintetico ed esaustivo – 33 pagine che fanno chiarezza su una problematica molto importante: la FORSU costituisce circa il 35% del totale dei rifiuti urbani prodotti in Italia (11 milioni di tonnellate solo nel 2011), circa il 60% di questi viene tuttora (impropriamente) smaltito in discarica. Di seguito sono evidenziati alcuni punti cruciali.
La priorità è la prevenzione: il compostaggio su piccola scala (domestico, condominiale, di quartiere), se incentivato (anche con appositi corsi, come già avviene in Italia), riduce sensibilmente la massa totale da trattare in impianti appositi.
Per quello che non può essere ridotto alla fonte è prioritario il recupero di materia: gli impianti di compostaggio, se ben gestiti ed alimentati da rifiuti ben selezionati (risultato ottenibile con una buona raccolta domiciliare), producono compost di qualità utilizzabile come ammendante per terreni agricoli, con ottimi benefici agronomici (riduzione o eliminazione di fertilizzanti minerali o di sintesi) e ambientali (rigenerazione dei terreni fertili, prevenzione di fenonemi erosivi e di desertificazione, riduzione di sostanze climalteranti nell’atmosfera).
Il recupero di energia è invece da considerarsi secondario rispetto al compostaggio (che costituisce invece il “trattamento d’elezione della frazione organica dei rifiuti urbani”): la digestione anaerobica per la produzione di biogas presenta di per sé maggiori complicazioni e costi (energetici, idrici) rispetto ai processi aerobici; la combustione del biogas prodotto ha importanti impatti sulla salute umana (migliore sarebbe produrre biometano); gli scarti del processo di produzione (digestato) sono rifiuti speciali, trasformabili eventualmente in compost ad uso agricolo solo a seguito di appositi trattamenti (auspicabili, ma anche essi impegnativi per l’elevato consumo di acqua pulita).
[Nota: Inceneritori (anche con recupero energetico – vedi ad esempio quelli in funzione a Terni) e discariche (anche con recupero di biogas – è il caso, tra gli altri, della discarica di Borgogiglione), al solito, sono le ipotesi peggiori dal punto di vista ambientale e di impatto complessivo.]Il proliferare di impianti di produzione di biogas basati sulla digestione anaerobica di rifiuti organici (non necessariamente urbani) è da attribuire più che ad una loro intrinseca convenienza economica o ancor meno a loro presunti vantaggi sul piano ambientale, alla distorsione prodotta da un sistema di incentivi che premiano in misura eccessiva l’energia ottenibile da tale fonte.
L’importanza priotaria della riduzione alla fonte è evidenziata anche dagli impatti di qualsiasi impianto di trattamento (sia di compostaggio, sia di digestione anaerobica – seppur molto maggiore quelli degli ultimi) sull’ambiente e sulla salute umana: rilascio sul terreno di metalli (dovuti ad una poco adeguata raccolta / selezione), composti azotati, proliferazione di microorganismi patogeni sul terreno e sulle falde acquifere sottostanti come sull’atmosfera (bioareosol). Oltre alla necessità di protezioni speciali per i lavoratori, si raccomanda una distanza di tali impianti da edifici civili non inferiore a 250 metri.
Per motivi analoghi viene raccomandato, in caso di produzione di biogas, di raffinarlo sempre per ottenere biometano (che ha caratteristiche simili al gas naturale, pertanto è migliore del biogas grezzo) e che la sua combustione non avvenga in loco (come avviene pressoché ovunque in Italia) per non aggravare il già pesante impatto dell’impianto.
In definitiva, il compostaggio (domestico quando possibile, in impianti appositi per il resto) rimane la strada principale per il trattamento dei rifiuti organici urbani. Se fatto adeguatamente (solo scarti di cibo o materiale compostabile) permette la produzione di materiale ottimo per migliorare l’ambiente ed il cibo che arriva sulla nostra tavola.
Tutte le altre strade sono da considerarsi, alla luce delle evidenze scientifiche attuali, secondarie e comportano costi (economici, ambientali e umani) molto maggiori e non sempre calcolabili.
L’approccio adottato dall’ISDE dovrebbe essere alla base di qualsiasi scelta politica strategica: non inseguire il profitto (in genere di pochi) immediato, ma progettare percorsi che siano compatibili con i cicli naturali e non pregiudichino il futuro.
Documenti collegati
ISDE Italia, 02/2015, Position Paper: Il trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani (FORSU), a cura di Agostino Di Ciaula, Patrizia Gentilini, Ferdinando Laghi, Gianni Tamino, Mauro Mocci, Vincenzo Migaleddu.
ISDE Italia, 19/02/2015, Comunicato stampa: Il position paper di ISDE Italia sul trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani (FORSU).
Provincia di Genova e Italia Nostra, 02/2012, Corso di compostaggio domestico in campagna e in città di Federico Valerio.
Un commento su “Parere ufficiale dei Medici per l’Ambiente sui rifiuti organici urbani”